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Il Branco dei Lupi Perversi
di LucasFromParis
16.11.2018 |
12.948 |
7
"Un centimetro alla volta ci riavvicinammo..."
Ero stato per anni un Lupo solitario. Un predatore tenace, astuto e instancabile. Avevo affinato le mie arti. Avevo imparato a conoscere meglio le mie prede. A conoscere me stesso. Nel tempo ero diventato man mano più esigente. Sul piano fisico, certo, ma soprattutto quello mentale. Ormai libero dalla “fame” desideravo sempre più saziarmi di emozioni. Fino al punto, incredibile!, di dire no qualche volta. Avevo trovato insomma la mia strada, il mio sentiero nel bosco innevato. Non temevo alcun altro predatore, e mi sentivo davvero un alpha. Riuscivo a decrittare ogni vibrazione delle mie vittime, quello che dicevano, quello che intendevano. Avevo imparato la regola fondamentale: non dare a una donna quello che chiede, dalle quello di cui ha bisogno. Questa golden rule vale in ogni ambito della relazione uomo donna, ne sono convinto. Io mi limitavo ad applicarla in un ambito bel ristretto e specifico.Il mio morso era diventato più profondo, fino all’essenza più intima della donna. E i miei incontri sia con singole che con coppie diventavano sempre più interessanti. Perché il cambiamento parte sempre da noi stessi. Il mondo cambia di conseguenza. Essere un Lupo solitario non mi pesava. Troppe volte ero stato deluso da compagni di merende più o meno improvvisati. Non riuscivo ad essere allineato con loro. Non avvertivo il feeling. Avevo ripreso il mio sentiero da solo. Eppure una nuova dimensione stava aprendosi a me.
Lentamente, tassello dopo tassello, incontro dopo incontro, selezione dopo selezione, un puzzle stava prendendo forma.
La forma inconfondibile del Branco.
Senza neppure averlo cercato ero diventato un catalizzatore di energie. Ancora una volta fu la mia (ex) allieva a farmelo capire. Amelie, la mia allieva, era legata a me indissolubilmente. Il soprannome di Mr. Ottovolante me lo aveva attribuito lei. Per superficialità e un pizzico di vigliaccheria avevo rischiato di perderla mesi prima. Avrebbe potuto essere una delle tante donne che mi ero lasciato alle spalle. Ma il destino non voleva questo per noi. Ci riavvicinammo, come se fossimo 2 calamite. Un centimetro alla volta ci riavvicinammo. Non avevo capito la profondità del suo amore per me. Non potevamo staccarci. Il nostro rapporto si era evoluto, anche grazie a quella rottura. Era più maturo e profondo. Capivo meglio tante cose. Era la donna a cui più di ogni altra avevo permesso di guardarmi dentro. Imparavo ogni giorno da lei e la profondità delle sue parole mi stupivano ogni volta. Non eravamo più legati in modo esclusivo. Ci eravamo dati libertà, pur soffrendo di gelosia. Il mio rimedio era di non voler sapere. Il suo era di assaporare la sofferenza di sapere, invece. Esiste forse un modo giusto di vivere la gelosia?
L’allieva ed io siamo stati il nucleo centrale del branco. Abbiamo capito assieme cosa cercavamo e il tipo di persone che avremmo voluto nel nostro gruppo. Persone con lui ci fosse davvero un livello di connessione altissima. Persone con cui non ci fosse gelosia, competizione. In cui non ci fossero gerarchie predefinite. Sono presuntuoso se mi ritengo i qualche modo (non per investitura, ma spontaneamente) il Capobranco? Non nel senso di comandante (detesto perfino l’idea) ma come catalizzatore. Altri Lupi e Lupe si aggiunsero, persone meravigliose. Per la maggior parte li avevamo conosciuti e inconsciamente “selezionati” durante la prima fase del nostro rapporto. Altri si aggiunsero e si continuano ad aggiungere di volta in volta. Ci fidiamo totalmente gli uni degli altri. E sappiamo che se qualcuno propone l’ingresso al club ne vale la pena. Non pensate a nulla di snob. Non ci sono requisiti. C’è solo uno stato mentale da avere. O da voler raggiungere. Non ci sono performances, solo la voglia di stare bene assieme. Con tutti i nostri limiti, con tutte le nostre paure. Ci accettiamo e siamo accettati. Non c’è sensazione più bella che essere accettati. Poi, non siamo ipocriti, una certa piacevolezza estetica la vogliamo. Non amiamo le persone trasandate o che mostrano di non aver rispetto per il proprio corpo.
Il primo nucleo del Branco aveva preso forma. E decidemmo di incontrarci. Tutti assieme. San Luigi, Tiziano, Akira, Amélie ed io. C’era una fastidiosa predominanza maschile dovuta anche a una defezione dell’ultimo minuto, ma nel frattempo nuovi ingressi femminili si stanno preparando. Ammettiamolo pure: a noi maschietti (soprattutto me e San Luigi, che per certi versi è il mio alter ego, una sorta di fratello di sangue) dominanti ciascuno a modo suo l’harem piace. Non basta volerlo però. Occorre saperlo gestire
Vennero prima Akira e San Luigi. Conoscevo già lei, una brunetta deliziosa. Piccola, magra, un culetto come piace a me. Seni piccoli e impertinenti. Uno sguardo torbido. Scomparve subito in bagno, mentre noi iniziammo a brindare. Ne emerse poco dopo con un vestito di pelle BDSM spettacolare. Davanti sembrava una gonna al ginocchio, ma dietro era del tutto aperta sul culo. San Luigi me la fece ammirare. Le chiede di salutarmi “come si deve” Alkira non se lo fece ripetere due volte. Si inginocchiò immediatamente ai miei piedi e inizio devotamente a lavorare con la bocca. Conoscevo già quella bocca, e già l’avevo iniziata alla “gola profonda”. Non attendeva altro. Vedevo la sua boccuccia aprirsi al massimo per accogliermi senza farmi sentire i denti. Dava tutta sé stessa in questa sfida impari. Resisteva il più possibile, poi con le lacrime agli occhio lo faceva scivolare fuori. E ogni volta un fiotto di saliva cadeva lungo il cazzo fino alle palle gocciolando poi per terra. Per un poi lasciai libera di agire. Poi presi in mano la situazione, ovvero la sua testa. Fu la mia mano ad obbligarla ad ingoiare l’asta fino in fondo. Prima lentamente, poi con più violenza. Una, due, venti volte…. magnifico! Avvertivo distintamente il fondo della sua gola.
Riprese fiato sorseggiando ancora il vino. E si prese una meritata pausa e gli altrettanto meritati complimenti miei e del suo padrone. Era solo l’antipasto. San Luigi la condusse con il guinzaglio verso la camera, illuminata dalla consueta sensuale luce rossa. La carrucola era al suo posto. La corda già pronta. I polsi di Akira vennero legati e, pur senza sospenderla (non amo le cose estreme), era obbligata a stare con le braccia in su. Indifesa. San Luigi ed io ci alternammo. Uno reggeva la corda e l’altro alternava piacere e dolore in perfetto stile BDSM. Bocca, dita e magic per il primo, sculacciate e frustate per il secondo. Akira era completamente fuori controllo. Le sensazioni si alternavano nella sua mente. Adorava essere lì! Adorava il suo padrone! Adorava quel trattamento che le stava fottendo la mente. Ansimava e gridava. Per lungi dall’essere banali e brutali torturatori, dosavamo con esattezza ogni mossa per darle l’esperienza più forte e più bella. Non è mai la schiava al servizio del padrone. E’ sempre il contrario. Decidemmo un secondo intervallo.
Mentre beveva il suo vino Akira non disdegnava di guardare i nostri culi. Le piacevano molto. Li desiderava. E ce lo fece capire. La guardai dritto negli occhi: “vuoi il mio culo ora?”. Lei non osò rispondere, ma le si illuminarono gli occhi. Non esitai e la condussi in camera. La aiutai a indossare lo strapon e mi disposi. Fu delicata. Capivo quanto era eccitata. Avevamo operato un vero switch e lei per qualche minuto fu la padrona. Il piacere, sia mio che suo, era esclusivamente mentale. Una connessione intima. Non era una cosa che avevo praticato spesso, ma con Akira il feeling era davvero forte. Avvertire la sua eccitazione mi faceva impazzire.
Udii delle voci, San Luigi aveva aperto ad Amélie e Tiziano. Amélie era fasciata da un vestito di pelle nera assolutamente intonato alla situazione. Le stava in incanto e lei era più bella che mai. I suoi capelli biondi le illuminavano il viso e suoi occhi scintillavano di pura gioia. La vedevo così felice di trascorrere una serata in compagnia di tre degli uomini che amava e apprezzava di più. Si gettò nella mischia senza pudore. Mi assalirono entrambe con la bocca, con le mani. Ero letteralmente in paradiso. Anche gli altri due maschi ci raggiunsero. Devo dire che fui il protagonista della serata, e anche l’unico a venire. Ma c’era un motivo. Le due coppie si sarebbero dedicate un momento per loro successivamente. In ogni caso non feci troppe questioni, ero felice della situazione. I miei ricordi iniziano qui ad annebbiarsi per trasformarsi in una serie di istantanee. Akira ed Amélie che si danno piacere a vicenda. Akira che divarica il culo di Amélie per offrirmelo. Probabilmente successe anche l’opposto, ma chi può dirlo? San Luigi che si aggira come un diavoletto con il magic: Poi intravvedo dal corridoio Amélie in braccio a Tiziano sul divano. Stanno scopando o si stanno solo baciando? Un momento dopo io e San Luigi scopiamo Akira in una doppia penetrazione. Io innaffio entrambe le ragazze. E poi la pace. Vedo Tiziano sdraiato fra le cosce di Akira e le regala piacere. Anche il suo cazzo è fatto oggetto di attenzioni bagnate e morbide.
Ma per certi versi il dopo fu ancora più bello. Eravamo tutti nudi, nessuno pensò a coprirsi. Le parole scorrevano lente fra noi. Non importava cosa dicevamo. Era come un flusso di corrente dolce che ci trasportava assieme. Non avevo mai provato un senso di connessione così intimo con un gruppo di persone. Eravamo oltre il sesso. Eravamo anime che si toccavano. Sono cose difficili da descrivere. Probabilmente impossibili da comprendere dal di fuori. Saremmo tutti tornati alle nostre vite, alle nostre quotidianità. Ma ci saremmo portati dentro di noi quella serata per sempre. Preziosa. Unica. Il patto era siglato. Avevamo dato vita al Branco.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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